Volendolo raccontare a partire (come si suol dire) da Adamo ed Eva, il nostro weekend è inziato a Natale 2015, quando ci è stato regalato uno Smartbox di quelli “grossi” perchè comprendeva 2 notti, 2 cene e 2 colazioni. Il “cofanetto” (da leggersi con la e molto stretta) come lo chiamava la ragazza del nostro albergo, è rimasto nascosto da qualche parte tra le riviste e i libri.

Fino ad un paio di mesi fa circa, quando ci siam detti: facciamoci un weekend in Val d’Aosta. Bella la Val d’Aosta, non ci siamo mai stati per un weekend. Beh, sarà per la prossima volta, perchè tra alberghi pieni e alberghi che a luglio e agosto accettano prenotazioni solo per settimane intere, non abbiamo trovato nulla. Allora vada per il Piemonte, che anche lì non siamo mai stati a fare un weekend in montagna. La zona del Parco Nazionale del Gran Paradiso deve essere molto bella per passeggiate tranquille. Appena ci andremo vi faremo sapere come è, perchè nemmeno lì abbiamo trovato nulla di disponibile. In Trentino e in Alto Adige ci siam già stati, e poi figurati per luglio sarà tutto pieno.

In Val Comelico, invece, un posticino c’è ancora. Lì, a Padola allo Sport Hotel la signora ha detto che qualche posto c’è ancora. Aggiudicato. Prenotato. La Val Comelico non l’avevamo mai sentita. E’ sopra il Cadore, provincia di Belluno, regione Veneto. A due passi dalla Val Pusteria. Qualcosa da fare troveremo!

Ed infatti qualcosa l’abbiam proprio trovato e nonostante il tempo un po’ incerto, ce la siamo spassata tra natura, un po’ d’arte circense e storia. Ecco quindi un itinerario di viaggio, se per caso vi avanza un “cofanetto” e tre giorni di tempo.

Giorno 1 (22 luglio)

Siamo partiti da Bergamo di buon ora, non abbiamo fatto alcuna sosta fino al metanaro di Vittorio Veneto. Un po’ scorbutico, ma il metano ce l’ha messo. Abbiamo puntato poi direttamente ad Auronzo di Cadore, bel paesotto affacciato sul suo lago con alle spalle le Dolomiti di Cadore e le Tre Cime di Lavaredo.

Auronzo di Cadore

Auronzo di Cadore

Proprio le Tre Cime sono l’attrazione principale di Auronzo, e la salita all’omonimo rifugio è d’obbligo, almeno una volta nella vita. Per noi quella volta non è ancora arrivata. Salire in auto al rifugio costa 25€ (solo 16€ il pomeriggio) e una volta su si può fare una camminata di circa 40 minuti fino alla Forcella di Lavaredo (e altre camminate più lunghe), da cui si gode di una bella vista sulle Tre Cime. Ovviamente non deve né piovere né esserci nebbia. Nel nostro caso era molto probabile che le cose andassero male dal punto di vista meteorologico, quindi ci siamo fermati a valle. Anche perchè avevamo scovato una riserva naturale molto interessante: la riserva naturale Orientata Somadida.

Camminando nella riserva naturale Orientata Somadida

Camminando nella riserva naturale Orientata Somadida

Il parco comprende una parte nel fondovalle in cui è presente una foresta principalmente composta da abeti rossi e vi sono all’interno due percorsi da 2 e 4 km. Niente di impegnativo (anche perchè oltre a noi due c’era un pancione di 7 mesi da portare in giro) ma molto fresco. Quando siamo arrivati ad Auronzo c’era il sole e faceva caldo. Entrati nella foresta abbiamo goduto del fresco degli alberi. Usciti dalla foresta, pioveva. La passeggiata è stata molto rilassante ed è vivamente consigliata.

Vista la pioggia, ci siamo diretti al lago di Misurina. Paesaggio incantevole e vista straordinaria anche quando ci sono le nuvole. Bisogna sapersi accontentare.

Lago di Misurina

Lago di Misurina

Al termine del giro attorno al lago di Misurina siamo ripartiti alla volta Val Comelico, a Padola. Noi eravamo allo Sport Hotel. Non siamo molto abituati ad andare in albergo, ma direi che questo è uno di quelli onesti, senza gloria nè infamia. Si mangia abbastanza bene, non fa schifo, ma non fa nemmeno urlare di gioia. Il personale è disponibile, non è cafone, ma non te ne innamori nemmeno. I principali vantaggi di Padola sono di essere nelle Dolomiti, a trenta minuta da Sesto e dal Cadore, e di non essere invaso da orde di turisti. Quindi qualche aspetto strategico ce l’ha.

Giorno 2 (23 luglio)

Sfruttiamo la strategicità di Padola e in meno di trenta minuti siamo all’ingresso della Val Campo di Dentro, in Val Pusteria, tra San Candido e Sesto. Il nostro obiettivo è il rifugio Tre Scarperi, che si raggiunge tramite strada carrozzabile, in estate chiusa al traffico. Nessun problema, c’è il preciso e pratico servizio bus navetta che con 3€ a testa ti porta fino al parcheggio, a circa 30 minuti di facilissima camminata dal rifugio.

Val Campo di Dentro

Val Campo di Dentro

Il rifugio è posto in una spianata verde quasi bucolica, in cui pascolano le mucche e attorno alla quale le alte vette dolomitiche si ergonono imponenti e scoscese. Da un lato la punta Tre Scarperi (3145m) e dall’altro la Rocca dei Baranci (2966m). A chiudere la valle il monte Mattina (2493m). Si può fare una bella camminata lungo tutta la spianata verde fino a quando il sentiero si alza ripido verso il rifugio Locatelli. Il tempo non era molto bello, ma non essendoci nebbie basse mi è venuta voglia di andare a vedere le Tre Cime. Ho abbandonato quindi moglie e relativo pancione e sono salito fino al passo, da cui si gode di un’ottima vista sulla nord delle Tre Cime.

Le Tre Cime di Lavaredo

Le Tre Cime di Lavaredo

Il rifugio Tre Scarperi è molto carino, e si mangia veramente bene ad un prezzo onesto. Quindi, se passate di lì, provate il rotolo di canederli alla mediterranea.

Alle 14 puntuale come un alto atesino ecco la pioggia pomeridiana che rovina un po’ la magia del luogo. Quindi, via verso valle. Ci siamo diretti a San Candido dove era in corso l’Adventure Outdoor Fest. Qualche bancarella, una birra fresca Forst nel bar centrale e poi tutti con il naso all’insù ad ammirare i funamboli della high line.

La high line a San Candido

La high line a San Candido

Giorno 3 (24 luglio)

L’obiettivo primario del nostro ultimo giorno era la visita al Vajont, ma finalmente c’era una giornata di sole e quindi era un peccato non fare una camminata in queste belle montagne. E poi non avevamo ancora visitato un rifugio della Val Comelico. La scelta è ricaduta sul rifugio Lunelli in Val Grande, comodamente raggiungibile in auto e posto all’interno di un’arena costituita dalla cima Popera e i suoi satelliti.

Rifugio Lunelli in Val Grande

Rifugio Lunelli in Val Grande

Di famoso c’è il Campanile di Val Grande e il passo della Sentinella, dove si è consumata qualche epica battaglia durante la Prima Guerra Mondiale. L’escursione più logica dal rifugio Lunelli è quella di salire al rifugio Berti. E’ probabilmente solo un’ora di cammino lungo un’erto sentiero che sotto il sole sale a zig zag. Per evitare di far nascere nostra figlia su un sentiero della Grande Guerra, noi abbiamo optato per una strada bianca che non sappiamo bene dove porta, perchè non siamo arrivati da nessuna parte, ma che non era molto faticosa. Ad un certo punto ci siamo fermati per un po’ a rimirare queste belle montagne e poi siamo tornati indietro fino al rifugio Lunelli. Pranzo tipico, semplice ma buono, e poi ci siamo rimessi macchina. Destinazione: diga del Vajont.

Sulla diga organizzano visite guidate per raccontare la storia del disastro. Noi avevamo studiato il giorno prima, guardandoci in albergo lo spettacolo teatrale di Marco Paolini. La visita alla diga comunque è molto interessante anche perchè ti permette di salire sul coronamento. Da lì ci si rende ben conto di quanto sia il materiale sceso dalla frana del Toc. L’accumulo di terra sarà un centinaio di metri più alto rispetto all’altezza della diga. E lì dove ora c’è quella montagna di detriti, prima c’era l’acqua. Questo ti dà una vaga idea di quanto spaventosa sia stata l’onda che ha scavalcato la diga e ha raggiunto Longarone.

La diga del Vajont con i detriti della frana alle spalle

La diga del Vajont con i detriti della frana alle spalle

D’obbligo è anche la visita di Erto, il paese fantasma che piano piano si sta ripopolando. Da qui, oltre a vedere come era il paese nel 1963, si può anche vedere bene e chiaramente quanto enorme fosse la frana che è caduta nel lago. Quando ti dicono che è venuta giù “mezza montagna”, uno ci prova anche ad immaginarselo, ma forse non si fa impressionare troppo perchè lo prende più come un modo di dire. Invece, quando lo vedi con i tuoi occhi, riesci bene a farti un’idea di cosa significhi “mezza montagna”.

Il paese di Erto e il fronte della frana del Toc

Il paese di Erto e il fronte della frana del Toc

Prima di chiudere definitivamente il nostro lungo weekend, siamo passati da Longarone, che è la città del gelato. Ci siamo fatti consigliare da una persona del posto e abbiamo mangiato il gelato da Perin. Imperdibile!

Così come è imperdibile la gallery fotografica per vedere tutte le foto di questo weekend dolo-mitico 🙂

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