Dopo la prima giornata a Leh per prendere letteralmente fiato, abbiamo visitato alcuni dei monasteri principali nei dintorni della capitale.

A differenza dell’Uzbekistan, come avremo poi modo di scoprire, quasi ogni cosa in Ladakh sembra avere un legame con la religione. Ovunque c’è un monastero, un simbolo, un chorten, o una persona che fa qualcosa legata al buddismo.

Un giovane monaco fa girare le ruote di preghiera nel monastero di Hemis

Un giovane monaco fa girare le ruote di preghiera nel monastero di Hemis

Vedi anche la gallery con altre foto dei monasteri: Om Mani Padme Hum

I monasteri sono il simbolo più evidente di questo legame. La loro importanza, infatti, è stata sottolineata dal Buddha nel suo primo importante discorso, detto il discorso delle gazzelle, nel quale sono espressi i principi delle quattro nobili verità: la sofferenza, l’origine della sofferenza, l’estinzione della sofferenza e il sentiero che conduce all’estinzione della sofferenza.

Poichè alla base della sofferenza c’è l’attaccamento al sé e ai fenomeni mondani, solo chi arriva a comprendere la natura materiale delle cose e a distaccarsene può liberarsi dal ciclo delle reincarnazioni e ottenere la liberazione spirituale, cioè il nirvana.

Ma la rinuncia è un processo difficile da raggiungere ed è per questo che la vita monastica rappresenta la via migliore per il suo conseguimento. Ed infatti la comunità monastica è il terzo gioiello del buddhismo insieme al Buddha, che è il Maestro e il Dharma che è la dottrina.

L’apparente semplicità dei messaggi buddisti si scontra con la complessità della religione che è suddivisa in diverse scuole, e che possiede numerosi Buddha, santi, demoni e simboli. Per non parlare dei nomi, sempre così difficili da pronunciare e ricordare: Sakyamuni, Padmasambava, Avalokiteshvara, Manjursi, solo per citarne alcuni. Ma il modo migliore per perdersi in questa complessità è quello di entrare nei monasteri e vagare tra le loro stanze.

Il monastero di Lamayuru

Il monastero di Lamayuru

Il primo monastero che abbiamo visitato è quello di Lamayuru, di cui già ci eravamo innamorati guardando le foto su internet. Il monastero è posto su uno sperone roccioso ed ha alle spalle montagne imbiancate di neve che ne accentuano l’imponenza.

La leggenda narra che nell’antichità in questo luogo vi era un lago abitato dai Naga, gli uomini serpente, che nuotavano nelle sue acque cristalline fin dai tempi di Sakyamuni (il buddha dell’era attuale). Un saggio di nome Madyantaka un giorno evocò forze sovrannaturali per prosciugare il lago e profetizzò la fondazione di un convento. I grani di frumento che aveva gettato sulle onde del lago, tornarono a riva e crescendo disegnarono una svastica, che è il simbolo della prosperità. Da questa leggenda discende il nome del monastero: Lamayuru è la contrazione di Lama-Yung-Drung, cioè la svastica del lama.

Il monastero di Likir

Il monastero di Likir

Anche il monastero di Likir si trova in una bella posizione e come tutti domina la sua vallata dall’alto di una collina. Il monastero è guidato dall’ordine dei gelug-pa ed è sotto il diretto controllo del fratello del Dalai Lama. Il monastero è consacrato ai buddha storici: Kanakamuni, il Buddha dell’era precedente, Sakyamuni, il Buddha dell’era attuale e Maitreya, il Buddha della prossima era.

Quando Maitreya rinascerà sulla terra sarà perchè gli insegnamenti del Buddha dell’era attuale saranno stati completamente dimenticati. La sua venuta sarà preceduta da avvenimenti straordinari. Gli oceani si ritireranno per consentire a Maitreya di attraversarli facilmente e sarà la fine di tutte le guerre, le carestie e le epidemie. Maitreya svelerà all’umanità la nuova dottrina consentendo così la fondazione di un nuovo mondo, mettendo fine all’attuale era di decadenza in cui si trova l’umanità.

La complessità della simbologia buddista è sicuramente ben rappresentata dalla ruota della vita che si trova dipinta in tutti i monasteri. La ruota serve a ricordare, a chi sceglie le gioie terrene, tutto l’orrore del ciclo delle reincarnazioni che imprigiona gli esseri senzienti in questo universo dominato dalla legge del karma. Questa legge è basata sulla relazione causa-effetto che determina il destino degli esseri viventi sulla base delle azioni che essi hanno condotto nella loro vita.

La ruota della vita racchiude in un unico dipinto molti degli insegnamenti della religione buddista

La ruota della vita racchiude in un unico dipinto molti degli insegnamenti della religione buddista

Mahakala, signore del tempo e della morte, stringe tra i suoi artigli l’intera ruota e i teschi della sua corona rappresentano i cinque peccati capitali. A destra si trova il Buddha che indica la ruota della legge, unica fonte di salvezza per l’individuo. La sua posizione al di fuori della ruota indica che si può raggiungere l’illuminazione ed uscire dal ciclo delle rinascite raggiungendo il nirvana.

I tre animali al centro della ruota rappresentano i veleni che sono la forza motrice della vita: il gallo è la collera, il serpente è il desiderio, il maiale è l’ignoranza.

Sono poi rappresentati i sei regni dell’esistenza. Nella parte superiore vi sono gli dei, a cui il Buddha predica la meditazione, i semi-dei a cui il Buddha predica l’elevazione morale e gli uomini a cui il Buddha predica la rinuncia.

Nella parte inferiore vi sono gli animali, a cui il Buddha predica la conoscenza; il mondo degli esseri miserabili, a cui il Buddha predica la generosità; ed infine il mondo degli inferi dove i dannati soffrono il supplizio e ai quali il Buddha della misericordia porta l’acqua a chi brucia.

Nel cerchio esterno sono raffigurate le dodici figure che ricordano al fedele la logica che determina l’esitenza di ogni individuo. Un cieco, simbolo di ignoranza; un vasaio, simbolo della psiche; la scimmia, simbolo della scoperta del mondo esterno; la barca, simbolo della distinzione tra io e non-io; la casa a sei finestre, simbolo dei cinque sensi più l’intelletto; la coppia, simbolo dell’esperienza sensibile; un uomo accecato dalla freccia del piacere e del dolore; un uomo che beve, simbolo del desiderio del piacere; un uomo che coglie i frutti, simbolo dell’avidità; un uomo con un bambino, simbolo della reincarnazione; il parto, simbolo della rinascita; un vecchio, simbolo della morte.

Fonti: “Ladakh” di Marco Vasta Edizioni La bottega del caffè letterario, 2009. “Tibet il tetto del mondo tra passato e presente” di Maria Antonia Sironi Diemberger Edizioni White Star 2008.

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