Il monastero di Hemis, ed in particolare il suo festival, sono stati uno dei motivi per cui abbiamo scelto il Ladakh. Di fatto le tappe di tutto il viaggio, e anche la data del matrimonio, sono state stabilite sulla base di questi due giorni di festival. Il festival cade nel decimo giorno del quinto mese del calendario tibetano, e da qui deriva il suo nome: set-chu, ovvero data del dieci.
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Il festival è molto noto ai turisti che accorrono in massa. I monaci un po’ se ne approfittano vendendo in modo disordinato i biglietti per assistere alle celebrazioni, e un po’ se ne fregano, continuando a ripetere i loro balli e le loro melodie che si tramandano da secoli.
Il festival serve a celebrare la venuta del maestro Padmasambava che si spinse fino agli estremi del Tibet per predicare il buddismo, diffondendo una delle tre principali scuole: la corrente Vajrayana, ovvero la via di diamante.
A coloro che avevano una completa fiducia nella propria natura di Buddha egli insegnò il Vajrayana o Via di Diamante; a questi ultimi si manifestò in diverse forme di energia e luce, oppure trasmise direttamente la propria esperienza illuminata da mente a mente, come puro flusso di consapevolezza.
I due giorni di festival si sviluppano attorno a tre momenti principali, chiamati cicli.
Il primo ciclo è dedicato a Padmasambava che entra nell’area sacra sotto un grande ombrello. Come un baldacchino, lo accompagna tutto attorno al cerchio magico che è la rappresentazione simbolica dell’universo psico-fisico.
Lo seguono otto personaggi che sono le otto forme con cui Padmasambava manifesta la sua personalità. A turno gli otto monaci danzano davanti a Padmasambava per poi ritornare sotto il baldacchino. Entrano poi altri cinque lama che portano cinque oggetti simbolici e anche i rappresentanti del popolo che si siedono a lato. I monaci del monastero che non partecipano alle danze indossano i paramenti più belli e si allineano al centro per ricevere la kata, cioè la sciarpa bianca benedetta da Padmasambava.
Il secondo ciclo è la danza dei Dharmapala, cioè i protettori della legge, che si caratterizza per l’utilizzo di grandi maschere colorate. Sul terreno viene disegnato un triangolo che simboleggia il regno del disordine in cui vivono i nemici della legge. Questo viene poi coperto per ricordare la sconfitta dei nemici della legge da parte dei Dharmapala.
Il terzo ciclo ricorda la leggenda di Palden Dorje che uccise il re Langdarma. Questo re cercò di uccidere tutti i monaci buddhisti facendosi aiutare dai sacerdoti Bon. Ma l’eroico Palden, travestendosi proprio da sacerdote Bon, giunse al cospetto del re e lo uccise con una freccia fuggendo poi sul suo cavallo nero. Giunto ad un fiume rovesciò la tunica, che all’interno era bianca, e lo stesso cavallo ricoperto da fuliggine nera uscì dal fiume completamente candido. Gli inseguitori persero le tracce dell’assassino del re e fu così che la corrente buddista Vajrayana trionfò su tutto il Tibet.
Con la fine del festival di Hemis termina anche la nostra permanenza in Ladakh. Siamo pieni di suoni, canti, mantra e colori che a tratti ci appaiono così insensati e a tratti così sacri. Soprattutto quando si osserva la gente del luogo ammirare queste danze con una riverenza tale che fa sorgere il dubbio di essere di fronte a qualcosa di magico che però non riusciamo pienamente ad afferrare. Bisognerebbe fermarsi, meditare, pensare e interrogarsi sul significato di queste danze, di questi monasteri e di questa vita.
Ma, ahinoi, il nostro tempo buddista è terminato, ed è giunto il momento di proseguire il viaggio verso nuove terre. Terre di storie e antiche leggende.
Fonte: “Ladakh” di Marco Vasta Edizioni La bottega del caffè letterario, 2009.
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